In questo momento particolare per il nostro stato, viste le critiche dovute ai festeggiamenti per i 150 anni della nostra nazione, ci è sembrato giusto proporvi questo testo di Leopardi, che Cacciari dalle pagine dell’Espresso ha consigliato. Un ebook gratuito, per tutti i nostri utenti, che vorrebbe essere un invito alla riflessione su argomenti sempre attuali.
Il Discorso sugli Italiani fu composto a Recanati probabilmente tra la primavera e l’estate del 1824, quando ancora era viva in Leopardi l’esperienza del viaggio a Roma, in seguito alle proposte di collaborazione all’“Antologia” rivoltegli da Vieusseux nelle lettere del gennaio-marzo di quell’anno. Il testo rimase però incompiuto, e inedito fino al 1906.
Il Discorso, opera fondamentale nella riflessione filosofico-politica leopardiana (la cui diagnosi sull’antropologia italiana è oggi ancora attuale), fa parte del piccolo genere letterario sette-ottocentesco della descrizione dei caratteri nazionali: lo stesso Leopardi cita fra i “precedenti” il romanzo epistolare Corinne ou l’Italie di M.me de Staël (1807) e gli scritti di Giuseppe Baretti.
Il testo è diviso in cinque parti, dedicate la prima ad una introduzione in cui si motiva la necessità di una nuova descrizione dei costumi degli Italiani; la seconda all’analisi delle peculiarità che caratterizzano la società italiana; la terza ad un confronto fra la situazione italiana e quella delle altre nazioni d’Europa, e all’invettiva contro l’esaltazione del Medioevo; la quarta all’individualismo (“Gli usi e i costumi in Italia si riducono generalmente a questo, che ciascuno segua l’uso e il costume proprio, qual che egli si sia”), alla differenza di costumi tra città e province e alla necessità di promuovere la civiltà “come rimedio di se medesima” (ciò a causa della situazione paradossale dell’Italia, che è troppo poco civile per godere dei benefici della civilizzazione, come Francia Germania e Inghilterra; ma troppo civile per godere ancora dei benefici dello stato di natura, come Spagna Portogallo Polonia e Russia); la quinta infine agli effetti del clima sui caratteri nazionali e alla “decisa e visibile superiorità presente delle nazioni settentrionali sulle meridionali”.